Il tiro con l’arco Giapponese (Kyudo, o la Via dell’arco), sebbene abbia mosso i primi passi in Europa negli anni ’70, ed in Italia negli anni ’80, è tuttavia giunto ad un grado di maturazione e diffusione sufficiente per disputarne i campionati europei ufficiali.
Quest’anno L’Italia ha avuto l’onore (e l’onere) di ospitare la nona edizione degli
europei, tenutisi l’anno scorso ad Hannover in Germania, come i lettori di Arco ricorderanno.
L a cittadina di Cornaredo, dell’hinterland milanese, per l’intero fine settimana del 16 e 17 settembre, è divenuta meta privilegiata di 10 squadre di kyudoka, provenienti da sette paesi europei: Francia, Italia, Austria, Germania, Svezia, Svizzera e Regno Unito. L’evento si è svolto dopo grande attesa ed entusiasmo da parte di tutti i clubs e dojo europei, sotto l’egida della E.K.F (Federazione di Kyudo Europea), a cura della A.I.K ( la Federazione di Kyudo Italiana).
Encomiabile è stato il duro impegno organizzativo profuso dai Kyudoka milanesi e torinesi, coadiuvati ovviamente da altri gruppi di Kyudo italiani.
Il risultato è stato un evento europeo lodato da tutti i partecipanti e dal pubblico, che contava diversi esponenti della comunità italo-giapponese, a conferma che eventi di questo tipo rivestono importanza non solo sportiva ma anche e soprattutto culturale.
Il regolamento agonistico federale prevede che ciascuna nazione possa partecipare con una o due squadre composte da tre arcieri. La distanza di tiro è quella canonica dei 28 m. su mato (bersaglio) di 36 cm. di diametro. Il metodo di punteggio è assai semplice : colpito vale 1, mancato vale 0.
Nella giornata di sabato si sono disputate le gare a squadre, per il titolo di miglior squadra d’Europa, ma questa competizione ha avuto anche il duplice scopo di selezionare i venti migliori arcieri, quelli ritenuti “degni” di gareggiare nella successiva giornata di domenica per il titolo individuale (Taikai) di miglior Kyudoka d’Europa.
Il campionato è iniziato, come vuole la tradizione, con una solenne cerimonia di tiro (Yawatashi), “officiata”, è il caso di dire, dai tre maestri più alti in grado, che hanno svolto anche mansione di giudici di gara: Liam O’Brien, britannico, 7° Dan Kyoshi (Maestro), Feliks Hoff, tedesco, 6° Dan, e Tryggvi Sigurdsson, Islandese, 6° Dan, entrambi Kyoshi. La solennità e il religioso silenzio di questo tipo di cerimonia rendono manifesto lo spirito di Shin Zen Bi, dell’arte del Kyudo (verità, bontà e bellezza). Alla cerimonia è seguito un breve discorso di benvenuto del rappresentante federale A.I.K. Armando Luciani, di Roma, quindi il saluto ufficiale all’evento del sindaco di Cornaredo Pompilio Trivelloni, che ha calorosamente ringraziato sia la E.K.F. che la A.I.K. per l’importante opportunità di ospitare un tale evento internazionale non solo sportivo ma che offre a tutti noi la possibilità di incontrare una cultura così affascinante come quella orientale.
Era poi doveroso un breve discorso augurale, di benvenuto e ringraziamento da parte del maestro O’Brien, il quale ha voluto pubblicamente ringraziare la Federazione Italiana A.I.K. per l’impegno profuso e il duro lavoro svolto in tutto un anno di preparativi. O’Brien, britannico di origini irlandesi ma, coniugato con giapponese e profondo conoscitore della cultura nipponica, ha tenuto a precisare che nonostante il diverso approccio che l’ambito orientale mantiene in queste cose, la competizione è e rimane un aspetto assai importante della pratica del Kyudo, in quanto consente all’arciere di scoprire aspetti di se stesso che resterebbero altrimenti ignoti nella pratica non agonistica, ed ovviamente doveva ricordare ad ognuno che, nonostante si fosse in gara con altri, la cosa fondamentale non è “battere” qualcun altro, ma se stessi e i propri limiti.
La competizione è andata avanti nel modo silenzioso, ordinato e lento proprio di questa disciplina. La Francia, l’Italia e la Germania erano presenti con due squadre nazionali, mentre Austria, Svezia, Svizzera e Regno Unito gareggiavano con una sola squadra.
A fine gara e classifica quasi ultimata, si è reso necessario uno spareggio di quattro tiri tra un arciere italiano e uno tedesco, per il diritto di entrare nella rosa dei 20 in lizza per la gara individuale. Per un solo errore del nostro italiano si è aggiudicato l’ingresso il tedesco, uscita dignitosa… tra gli applausi generali.
Il rispetto dell’avversario è una componente basilare e irrinunciabile in ogni arte marziale, ed il Kyudo, va ricordato, è la più antica di queste arti.
L’organizzazione è stata quasi impeccabile, con traduzioni simultanee dei discorsi e degli annunci di gara all’interno del grande e moderno palazzetto dello sport. Due tabelloni aggiornati da altrettante ragazze in abito da tiro tenevano il pubblico al corrente dell’andamento del campionato.
A fine giornata di sabato questa la classifica delle squadre.
È la Francia a laurearsi campione d’Europa a squadre; ciascuna squadra ha tirato tre tornate da 12 frecce in serie da 4, per un totale di 36 frecce scoccate.
Francia “a” (1° squadra) 1° con 24 Atari (centri)
Francia “b” (2° squadra) 2° con 21 “ “
Germania “a” (1° squadra) 3° con 20 “ “
Italia “a” (1° squadra) 4° con 19 “ “
Germania “b” (2° squadra) 4° con 19 “ (ex-aequo con l’Italia “a” )
Regno Unito 6° con 18 “
Austria 7° con 14 “
Italia “b” (2° squadra) 7° con 14 “ (ex-aequo con l’Austria )
Svizzera 9° con 8 “
Svezia 10° con 3 “
Le due squadre italiane erano composte da: Antonio Renzo, Riccardo Amendolagine, Lorenzo Brambilla ( Italia “a”); Walter Albini, Pino Cazzaniga, Felice Lonati (Italia “b”).
A fine gara ho avuto modo di parlare con l’amico arciere Antonio Renzo, che ammiro molto e che ritengo essere uno dei migliori praticanti di Kyudo del nostro paese. Il suo volto è quasi sempre sereno, come ci si può aspettare da chi, oltre al Kyudo, pratica da tanti anni anche la meditazione; tuttavia tradiva questa volta una velata ombra di delusione. La ragione, mi disse, era in due frecce sbagliate che, se scoccate con maggiore impegno e presenza, avrebbero cambiato le sorti della nostra squadra… Non vi suona familiare una situazione simile?
La giornata successiva ha visto impegnati i praticanti nella gara individuale.
Il criterio di selezione ha tenuto conto unicamente dei migliori 20 piazzamenti come punteggi individuali durante la gara a squadre, senza tenere conto della nazionalità del tiratore. Tuttavia ciò che contraddistingue il Kyudo dal tiro con l’arco occidentale, oltre alla diversa tecnica, è anche e soprattutto il differente approccio interiore, vi è una sorta di inter relazione unitaria tra mente, corpo e arco. Il vero Kyudoka quindi non può essere solamente un arciere che colpisce il bersaglio, bensì colui che lo colpisce con la giusta tecnica, nel giusto modo e con la giusta presenza di spirito e forma. Pertanto in questa antica disciplina viene premiato non solo chi centra il bersaglio, ma anche chi, pur avendolo centrato meno volte, lo ha però fatto con la miglior forma e il miglior stile.
Questo importante e lusinghiero riconoscimento è andato al francese Michel Dupont.
Ma ovviamente anche la precisione del tiro ha il suo peso, ed in effetti, quando si tratta di competizione, questo è anche spesso il solo elemento inconfutabilmente riscontrabile.
La gara individuale ha visto quindi al primo posto il britannico Ray Dolphin, allievo del maestro O’Brien; al secondo il tedesco Boris Proppe e per il nostro Antonio Renzo un dignitoso ma migliorabile terzo posto.
Il responsabile europeo per le gare il maestro Felik Hoff, ha dichiarato che si continuerà a disputare il campionato europeo di Kyudo, ma ogni anno questo verrà ospitato da un diverso paese europeo a turno.
Infine I maestri hanno rilasciato le loro dichiarazioni sulle impressioni ricevute nel condurre questo importante evento nel nostro paese.
Liam O’Brian, 7 Dan. “Le strutture si sono dimostrate eccellenti, nonostante il campionato sia stato ospitato da una piccola cittadina anziché dal capoluogo, il pranzo nel centro civico è stato per me una vera esperienza di calore umano e di simpatia. Il Kyudo, come attività giapponese, è alle sue prime mosse in Europa e perciò queste occasioni sono molto importanti. Il Kyudo è una disciplina difficile,
il bersaglio si trova a 30 metri ed è piuttosto piccolo, perciò la formazione umana diventa primaria in un tale contesto. L’arco è molto semplice rispetto a quello moderno occidentale, non è sostanzialmente cambiato da circa 800 anni! Nel Kyudo perciò si può andare molto bene durante un anno, ma l’anno successivo si può anche peggiorare, poiché tutto dipende moltissimo anche dallo stato umano dell’arciere”.
Feliks Hoff, 6 Dan. “Ho apprezzato moltissimo il calore e l’accoglienza del gruppo italiano di Ruggero Paracchini. Il Kyudo è un’arte marziale assai difficile da imparare, occorre molto tempo prima di potere tirare al bersaglio con discreta sicurezza. Per farvi un semplice esempio: le olimpiadi di tiro con l’arco occidentale sono state vinte da alcune donne coreane. Ebbene queste atlete, per vincere l’oro olimpico si sono preparate, in tutto, per un periodo di circa quattro anni. Ora, invece, nel Kyudo dopo quattro anni non si è ancora nulla: ci vogliono dagli otto ai dieci anni per ottenere un 50% di tiri andati a segno. Il Kyudo europeo conta adesso 15 paesi membri, ma non tutti questi gruppi sono pronti per partecipare a competizioni, Ho notato tuttavia una crescita del livello di abilità tecnica sia negli europei che negli italiani ”.
Era poi doverosa una breve dichiarazione del portavoce del gruppo francese di Kyudo che si è imposto non solo come maggior numero di centri ma anche per l’arciere dalla miglior forma di tiro. “ Il nostro gruppo viene da Parigi, dove vi sono cinque gruppi di Kyudo più un sesto in Normandia in via di formazione.
I dojo (scuole di arti marziali, n.d.a.) francesi, sono stati progettati ed approvati
dai maestri giapponesi. La vittoria nel Kyudo ci ha dato quest’anno miglior fortuna che non nel calcio! Il Kyudo tuttavia non nasce come disciplina basata sul punteggio, ma anche e soprattutto sulla forma e sullo stato interiore, quindi riteniamo giusto che si sia pensato di premiare non solo i piazzamenti e i punteggi, ma anche la miglior forma di tiro e il miglior tiratore in quanto a stato interiore e presenza di spirito. Un concetto comune a molte discipline orientali ci insegna che : – L’attenzione priva di pensiero diviene la miglior forma di religiosità – . E’ questo che noi intendiamo e cerchiamo di perseguire.
Anche la frase riportata in kangi (caratteri giapponesi) all’ingresso del luogo della gara, nella traduzione significava: “L’impegno che metto per acquisire la forma perfetta calma il mio spirito, con spirito calmo percepisco la vita”.
Ha terminato le dichiarazioni il capogruppo del dojo che ha organizzato l’evento: il 4° Dan Ruggero Paracchini.
“Non è stato facile iniziare la pratica del Kyudo in Italia, tramite il Sig. Ioshihiro Ichikura, un praticante che viveva a Milano, si contattò il maestro Genshiro Inagaki, che ebbe l’amore e la costanza di venire da noi ogni anno fino alla fine della sua vita, avvenuta nel 1995”.
Terminerò quindi con un ringraziamento al Maestro Inagaki, padre e ispiratore della maggior parte dei gruppi di Kyudo italiani e tedeschi, ma anche agli altri maestri quali: Ono, Suhara, Onuma, Kitajima e altri, senza l’impegno dei quali questa bellissima e profonda arte d’oriente, non sarebbe mai giunta tra noi.